Quando
si dipinge un volto in affresco
risulta ruvido, come la parete che lo ospita, imponendo, all’opera, un senso d’abbozzo,
di incompiuto, ma che per questo ti resta nella mente e rapisce
l’immaginazione.
Terrore e piacere legati insieme. Il
terrore di quello che sarà, di come risulterà … ed il piacere, quell’impagabile
piacere, della realizzazione. Non sono mai caduta in una impersonale
riproduzione; la mia è un tipo di
pittura “a fresco”
dall’impronta netta, in una fusione di linee,
di colori, di terre
e … di lavoro.
Affrescare
è qualcosa che supera il tempo, va oltre il trascorrere del tempo, l’artista
programma le sue giornate di lavoro, ed i confini delle successive, durante le
quali il muratore aggiunge la malta senza intaccare la parte dipinta. E’ come
se si seguisse un tempo interiore sia del muro, vivo nei suoi processi chimici,
sia dell’artefice. Il tempo è padrone di tutto!
Pian piano si scoprono, lavorando, le
caratteristiche che i colori devono ottenere con l’affresco,
seppur in una stesura monocromatica : la resistenza alla calce,
la crescita di tono
o l’acquisto di una sopita brillantezza, raggiunti nel processo di carbonatazione,
quando, cioè, la calce,
mescolata ad acqua
e sabbia, s’indurisce progressivamente,
formando carbonati
a contatto con l’anidride carbonica dell’aria;
l’indurimento ricostituisce, in parte, il calcare
d’origine, formando il carbonato
di calcio, che “fissa” i colori dell’affresco.
Per dipingere ad affresco
bisogna avere una buona conoscenza del mestiere, grande abilità e decisione,
oltre alla capacità di comporre su grandi superfici. Era questo, tutto questo,
che prima di cominciare mi arrecava tanto terrore. Una volta che tutto è
cominciato sei quasi stregata, rapita, come se una “forza” ti dicesse quel che
devi fare, come devi procedere per andare avanti …
<<
Il primo affresco che ho eseguito – sostiene Franco
Beraldo - è uno dei più belli, mentre lo facevo mi sembrava di
saperlo fare da sempre, sembrava che uscisse naturalmente dalle mie mani.
Arturo Martini diceva che gli Etruschi facevano le statue con la stessa
naturalezza con cui le donne fanno la pasta; ecco per me l’affresco è stato
così, facile e naturale. >>[1].
A volte, dopo otto ore sopra il
ponteggio, a contatto continuo con quel muro umido, con gli occhi fissi sulle
linee da seguire, concentrata, diventi parte dell’affresco,
quasi in fase di “carbonatazione”
.
Cennino Cennini
scrisse che l’affresco
<<è il più dolce e il più vago lavorare che sia … >>,
in effetti, pur essendo estremamente faticoso ti dà una straordinaria emozione e
gratificazione. Il colore
viene assumendo, pian piano una poetica
predominante e non si può parlare di un attingere da questo o da quel maestro
antico, ma piuttosto di una progressiva acquisizione e maturazione. A volte, la
mattina presto, quando giungevo davanti al “mio” affresco,
pronta per una nuova giornata di lavoro, nel guardare i volti e gli accenni su
quel muro riconoscevo la mia “idea di vita” celata in uno di quegli sguardi, e
credo che ognuno può riconoscere se stesso, od una fisionomia familiare, per
quel valore universale che il colpo di pennello riesce ad esprimere oltre la
tavolozza.
E.Vilardo - Il volto dell'Estate - Affresco- |
E.Vilardo - Il volto dell'Inverno - Affresco- |
E.Vilardo - Il volto dell'Autunno - Affresco- |
E.Vilardo - Il volto della Primavera - Affresco- |
E allora si resta arrampicati sull’impalcatura,
maglione e bandana in testa per vincere il freddo che solo chi ha praticato il
“fresco” conosce … perché non c’é vento o
sole che tengano quando quel muro va terminato !!
Il senso di cultura che riconosco ad una
tale tecnica, inoltre, ci sopravvive e ci restituisce un passato, seppur in
modo assolutamente parziale e fittizio, al quale dare un significato o
un’anima. Nel mio caso, ho cercato, partendo da tale importante
consapevolezza, d’interpretare e rielaborare l’affresco in modo moderno, usando delle immagini
attuali e trattando la calce fresca in modo da rendere maggiormente
materica la superficie pittorica.