22 marzo, 2012

Affrescando - 2


Quando si dipinge  un volto in affresco risulta ruvido, come la parete che lo ospita, imponendo, all’opera, un senso d’abbozzo, di incompiuto, ma che per questo ti resta nella mente e rapisce l’immaginazione.
Terrore e piacere legati insieme. Il terrore di quello che sarà, di come risulterà … ed il piacere, quell’impagabile piacere, della realizzazione. Non sono mai caduta in una impersonale riproduzione; la mia  è un tipo di pittura “a fresco” dall’impronta netta, in una fusione di linee, di colori, di terre e … di lavoro.
Affrescare è qualcosa che supera il tempo, va oltre il trascorrere del tempo, l’artista programma le sue giornate di lavoro, ed i confini delle successive, durante le quali il muratore aggiunge la malta senza intaccare la parte dipinta. E’ come se si seguisse un tempo interiore sia del muro, vivo nei suoi processi chimici, sia dell’artefice. Il tempo è padrone di tutto!
Pian piano si scoprono, lavorando, le caratteristiche che i colori devono ottenere con l’affresco, seppur in una stesura monocromatica : la resistenza alla calce, la crescita di tono o l’acquisto di una sopita brillantezza, raggiunti nel processo di carbonatazione, quando, cioè, la calce, mescolata ad acqua e sabbia, s’indurisce progressivamente, formando carbonati a contatto con l’anidride carbonica dell’aria; l’indurimento ricostituisce, in parte, il calcare d’origine, formando il carbonato di calcio, che “fissa” i colori dell’affresco.
Per dipingere ad affresco bisogna avere una buona conoscenza del mestiere, grande abilità e decisione, oltre alla capacità di comporre su grandi superfici. Era questo, tutto questo, che prima di cominciare mi arrecava tanto terrore. Una volta che tutto è cominciato sei quasi stregata, rapita, come se una “forza” ti dicesse quel che devi fare, come devi procedere per andare avanti …
<< Il primo affresco che ho eseguito – sostiene Franco Beraldo - è uno dei più belli, mentre lo facevo mi sembrava di saperlo fare da sempre, sembrava che uscisse naturalmente dalle mie mani. Arturo Martini diceva che gli Etruschi facevano le statue con la stessa naturalezza con cui le donne fanno la pasta; ecco per me l’affresco è stato così, facile e naturale. >>[1].
A volte, dopo otto ore sopra il ponteggio, a contatto continuo con quel muro umido, con gli occhi fissi sulle linee da seguire, concentrata, diventi parte dell’affresco, quasi in fase di “carbonatazione” .
Cennino Cennini scrisse che l’affresco <<è il più dolce e il più vago lavorare che sia … >>, in effetti, pur essendo estremamente faticoso ti  dà una straordinaria emozione e gratificazione. Il colore viene assumendo, pian piano  una poetica predominante e non si può parlare di un attingere da questo o da quel maestro antico, ma piuttosto di una progressiva acquisizione e maturazione. A volte, la mattina presto, quando giungevo davanti al “mio” affresco, pronta per una nuova giornata di lavoro, nel guardare i volti e gli accenni su quel muro riconoscevo la mia “idea di vita” celata in uno di quegli sguardi, e credo che ognuno può riconoscere se stesso, od una fisionomia familiare, per quel valore universale che il colpo di pennello riesce ad esprimere oltre la tavolozza.
E.Vilardo - Il volto dell'Estate - Affresco-

E.Vilardo - Il volto dell'Inverno - Affresco- 

 E.Vilardo - Il volto dell'Autunno - Affresco-  

E.Vilardo - Il volto della Primavera - Affresco- 

E allora si resta arrampicati sull’impalcatura, maglione e bandana in testa per vincere il freddo che solo chi ha praticato il “fresco” conosce … perché non c’é vento o sole che tengano quando quel muro va terminato !!
Il senso di cultura che riconosco ad una tale tecnica, inoltre, ci sopravvive e ci restituisce un passato, seppur in modo assolutamente parziale e fittizio, al quale dare un significato o un’anima. Nel mio caso, ho cercato, partendo da tale importante consapevolezza, d’interpretare e rielaborare l’affresco in modo moderno, usando delle immagini attuali e trattando la calce fresca in modo da rendere maggiormente materica la superficie pittorica. 



[1] F. Beraldo, La Dimensione Metafisica dell’Affresco, cit. 

12 marzo, 2012

Affrescando -1


L'affresco è un dipinto eseguito sopra ad una  intonacatura” di calce fresca (calcina), cioè appena data e prima ancora che si secchi, sulla quale s’interviene con dei colori semplicemente macinati e diluiti con acqua. Tale tecnica non comprende ogni modo di dipingere direttamente sul muro, ma si ottiene, esclusivamente, quando ci si avvale del principio di “fermare” il colore, intriso nell’intonaco ancora umido, usando il processo di carbonatazione della calce. La parola di cui si servivano i Greci per indicare questa pittura che significa sull'umido”, ben è tradotta con le voci “a fresco”, “ad affresco” o “fresco”. Per effetto dell'idrato di calcio, che si trova nella calcina, e dell’acido carbonico, presente nell'atmosfera, il colore, applicato sulla calcina, viene a “fissarsi gradualmente, diviene insolu­bile e si trasforma in una superficie compatta, di consistenza marmorea, che chiude in sé il colore (così come avviene nei marmi colorati esistenti in na­tura). Combinandosi, peraltro, con la vetrosità prodotta dalla calcina, il colore acquista un aspetto di particolare “potenza” che viene a caratterizzare, profondamente, la pit­tura ad affresco e la differenzia da qualsiasi altra pittura. Tale forza cromatica decade se l'affresco viene ritoccato a tempera o ad olio.
Come cercheremo di dimostrare in questo “avventuroso viaggio” alla scoperta dell’affresco, esso rappresenta la tecnica “principe” della pittura murale; << … la pittura a olio -  sostiene Franco Beraldo[1] -  è legata alla rappresentazione della realtà oggettiva che ci circonda. L'affresco invece non si collega più al naturalismo, ma può entrare in una realtà, in una dimensione quasi metafisica. In questo senso può essere il tramite per rappresentare l'immagine del mondo che ognuno ha dentro di sé come una droga che lo sciamano prende per entrare in una realtà altra. Giorgio Vasari sosteneva che l'affresco è l'unica vera pittura dell'uomo e che introduce in una realtà immateriale metà fisica e metà spirituale. Nell'affresco la calcina brucia i colori, anche i più accesi subiscono così una sorta di spegnimento, e questo bruciare è come evocare un ricordo a occhi chiusi, e la realtà ci appare con i contorni non netti ma sfumati : ricordiamo meglio le voci dei volti, più l'atmosfera che la precisione di un momento. L'affresco è come il ricordo, restituisce la stessa vaghezza, la stessa atmosfera evocativa >>.
Con il presente lavoro-studio si è cercato, così, di ripercorrere, sia teoricamente che praticamente il cammino, arduo, ma affascinante che gli artisti d’ogni tempo e luogo hanno affrontato, non senza piccole e grandi difficoltà, (ma, ovviamente, con ben altri mezzi, abilità e competenze), nel cimentarsi nella tecnica pittorica dell’affresco, amata e temuta anche dai più grandi. A tal proposito, l’insigne Caravaggio, << … nell’impossibilità di ottenere nell’affresco il vigore di lume che gli è proprio, probabilmente, non usò mai questa tecnica. >>[2]. Si limitò all’uso di tele anche quando occorreva lavorare su dimensioni molto estese, anche perché questo gli permetteva di non eseguire il dipinto in loco.

Il panico di fronte all’incognita del “muro bianco” sul quale abbiamo cercato di trasferire conoscenze e competenze tecniche, anche se non pienamente assimilate e sperimentate, ma, soprattutto sul quale trasmettere sentimenti ed ispirazioni, si è, dunque, rivelata un’emozione unica ed irripetibile, che, per lungo tempo, ha monopolizzato ogni attenzione. Nell’esecuzione pratica dell’affresco, il senso d’inadeguatezza si univa inscindibilmente alla volontà di misurarsi con questa grande e complessa esperienza, ma, per fortuna, veniva di volta in volta superato dalla voglia di fare e di esprimersi.
La scelta del soggetto è stata dettata dagli studi sul Liberty affrontati precedentemente, i quali hanno, senza dubbio, sostenuto l’ispirazione iniziale, nell’impianto e nella struttura dell’opera, facendosi strada e mescolandosi lentamente ed inevitabilmente a reminescenze diverse nonché al mio gusto personale ed alla mia personale sensibilità.
Si spera che l’esito finale risulti accettabile … se non altro perché sorretto da una sincera passione e voglia di esprimersi e sperimentare.

E. Vilardo - Foto Generale - Affresco Quattro Stagioni - 2005



[1] La Dimensione Metafisica dell’Affresco, dialogo tra Paolo Levi e Franco Beraldo, Sito Internet : www. Beraldo.it
[2] Fourcade Francois, La Pittura Murale di Tun Huang, Milano, Garzanti,
p. 323